Anche secondo il Protocollo nazionale sul lavoro agile del 7 dicembre 2021, a esclusione dei casi in cui sia espressamente previsto dai contratti collettivi, il lavoro straordinario non è espressamente previsto nello svolgimento del lavoro in modalità smart working.
È una presa di posizione importante, che conferma la sostanziale incompatibilità dello straordinario in un contesto in cui il lavoratore gode di flessibilità nella gestione dei tempi di lavoro. Il testo del Protocollo prevede inoltre che – in caso di malattia e altre legittime assenze – il lavoratore in modalità agile possa disattivare i dispositivi di connessione e non prendere in carico le comunicazioni aziendali fino alla ripresa del servizio.
Non è escluso, teoricamente, che possa essere concesso di svolgere straordinari anche in smart working. Infatti, può accadere che datore di lavoro e lavoratore concordino su tale possibilità con conseguente riconoscimento di un aumento salariale.
Tuttavia, le prassi aziendali sin d’ora riscontrate dimostrano che, normalmente, viene negata la possibilità di svolgere lavoro straordinario in smart working. Ciò si spiega prevalentemente in ragione della difficoltà a tenere un calcolo preciso sul monte ore prestato.
Detto ciò, non si vuole certamente impedire che al lavoratore vada riconosciuto un premio in termini anche economici laddove il suo impegno sia superiore rispetto a quanto previsto contrattualmente.
Tuttavia, corrispondere una maggior retribuzione esclusivamente in funzione del maggior tempo dedicato al lavoro, appare in contrasto con la logica dello smart working che mira piuttosto alla realizzazione di obiettivi predeterminati.
Più aderente alla ratio in tema, potrebbe essere la previsione di riconoscimenti extra proprio in relazione al conseguimento di obiettivi predeterminati. D’altra parte, questa soluzione sembra preferibile anche in ragione della difficoltà ad effettuare un computo preciso dell’orario di lavoro effettivo.
Riguardo ai lavoratori in condizione di fragilità, il Protocollo osserva che il ricorso allo smart working costituisce «misura di accomodamento ragionevole».
La normativa emergenziale si spinge (molto) più avanti e prevede che i lavoratori fragili, per tali intendendosi i dipendenti pubblici e privati per i quali sia stata attestata una condizione di rischio derivante da immunodepressione, patologie oncologiche, terapie salvavita e disabilità in condizione di gravità, svolgano (di norma) l’attività lavorativa in modalità agile, eventualmente adibiti a mansioni diverse nell’ambito della stessa categoria di inquadramento.
In alternativa, la norma emergenziale ha previsto che per i lavoratori fragili possano essere attivati percorsi di formazione «anche da remoto».
Non è stata, invece, prorogata la misura per cui, laddove lo smart working per i lavoratori fragili risulti incompatibile con l’organizzazione aziendale, l’assenza dal lavoro è equiparata a ricovero ospedaliero con il conseguente trattamento economico.
Va tenuto in considerazione anche il più recente Dl 1/2022, che ha esteso l’obbligo vaccinale ai cittadini che hanno compiuto 50 anni (o li compiranno entro il 15 giugno 2022). La norma stabilisce, infatti, che i lavoratori per i quali la vaccinazione è omessa o differita a seguito di accertato pericolo per la salute siano adibiti a «mansioni anche diverse» e senza pregiudizio per la retribuzione, al fine di evitare il rischio di diffusione del contagio da Covid-19.
Qui ritorna in gioco lo smart working, che non è stato esplicitamente richiamato, ma si pone con ogni evidenza come la misura principale per evitare il contatto con gli altri lavoratori in azienda.
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