La Cassazione, intervenendo sull’identificazione del soggetto tenuto al rispetto degli obblighi legali di prevenzione degli infortuni posti a carico del datore di lavoro in una s.r.l., ha ribadito che, per giurisprudenza costante, nelle società di capitali, tali obblighi gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega, validamente conferita, della posizione di garanzia.

Chi è il datore di lavoro?

Il datore di lavoro, infatti, è identificato dalla titolarità del potere decisionale sull’impresa e del potere di spesa, cui corrisponde l’obbligo di prevenzione derivante dallo stesso esercizio dell’impresa (art. 2, c. 1, lett. b), D.Lgs. 81/2008).

Delega ed attribuzione della responsabilità

Per la Corte, l’eventuale possibilità di porre tale obbligo di prevenzione solo a carico di uno o più componenti l’organo amministrativo deve essere risolta considerando la complessità dell’organizzazione societaria considerando, in particolare che:

  • un’organizzazione complessa legittima la modulazione delle attribuzioni fra componenti del consiglio di amministrazione. L’attribuzione può derivare da una formale delega di funzioni o essere implicita nell’incarico attribuito, con il conferimento a uno o più membri dell’organo amministrativo di poteri esclusivi, convalidata dall’effettività del potere decisionale e di spesa conferito. Il limite dell’esonero da responsabilità degli altri componenti dell’organo è dettato dall’obbligo di vigilanza e di intervento, cui tali componenti non possono in alcun caso sottrarsi;
  • la scarsa complessità di società di piccole e medie dimensioni non legittima la frammentazione dell’esercizio del potere gestorio. In questi casi, l’esonero di alcuni dei componenti del consiglio di amministrazione dagli obblighi di prevenzione non corrisponde ad alcuna effettiva esigenza organizzativa del potere decisionale.

I presupposti per l’attribuzione della responsabilità alla società

Nella stessa decisione la Cassazione ha precisato, ai fini della verifica della sussistenza dei presupposti per l’attribuzione della responsabilità alla società (art. 5 D.Lgs. 231/2001), che:

  • i criteri di imputazione dell’interesse o del vantaggio della società hanno carattere alternativo; astrattamente, quindi, il reato può essere commesso nell’interesse dell’ente, senza procurargli in concreto alcun vantaggio;
  • l’interesse o il vantaggio devono essere riferiti alla condotta e non all’evento perché la morte o le lesioni riportate da un dipendente in conseguenza di violazioni di norme antinfortunistiche non rispondono all’interesse dell’ente o non procurano allo stesso un vantaggio;
  • il concetto di interesse dell’ente attiene ad una valutazione ex ante rispetto alla commissione del reato presupposto. Esso ricorre quando la persona fisica, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di soddisfare un interesse dell’ente alla massimizzazione del profitto perseguito dalla politica sistematicamente assunta dalla società in materia di prevenzione;
  • il concetto di vantaggio implica l’effettivo conseguimento dello stesso a seguito della consumazione del reato e, dunque, si basa su una valutazione ex post. Esso ricorre quando la persona fisica, agendo per conto dell’ente, pur non volendo il verificarsi dell’evento morte o lesioni del lavoratore, ha violato sistematicamente le norme prevenzionali e, dunque, ha consentito una riduzione dei costi degli interventi necessari, tra cui la formazione ed informazione dei dipendenti, la riduzione dei tempi di lavorazione e il risparmio per gli investimenti (non effettuati) per l’acquisto di strumenti cautelativi.

Rif.: Cass. 1° giugno 2021 n. 21522