Cos’è lo smart working?
Una rivoluzione culturale, organizzativa, di processo: tutto questo è smart working. Una rivoluzione perché scardina, alla base, consuetudini e approcci tradizionali e consolidati nel mondo del lavoro subordinato, basandosi su una cultura orientata ai risultati e su una valutazione legata alle reali performances.
Ecco la definizione che ne dà il ministero del Lavoro: “lo smart working (o lavoro agile) è una modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato caratterizzato dall’assenza di vincoli orari o spaziali e un’organizzazione per fasi, cicli e obiettivi, stabilita mediante accordo tra dipendente e datore di lavoro; una modalità che aiuta il lavoratore a conciliare i tempi di vita e lavoro e, al contempo, favorire la crescita della sua produttività”.
Un nuovo modo di intendere il lavoro
In altre parole, si tratta di una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati, riprendendo in questo caso la definizione che già nel 2015 ne dava l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano.
Dunque, trattasi di un approccio che presuppone, come accennato in precedenza, un profondo cambiamento culturale, una revisione radicale del modello organizzativo dell’azienda (pubblica o privata) e il ripensamento delle modalità che caratterizzano il lavoro non solo fuori, ma anche all’interno dell’azienda o PA, cosa che si ripercuote anche sull’organizzazione degli spazi, che devono essere ripensati e sempre più ispirati ai principi di flessibilità, virtualizzazione, collaborazione tra le persone.
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