Quando si parla di furto di modico valore si fa riferimento a circostanze in cui il lavoratore, in modo consapevole, sottrae beni aziendali di valore irrisorio o perfino senza valore: i casi di scuola, che per certi aspetti fanno sorridere, sono quelli relativi al furto di penne, snack o perfino caramelle, con un valore che a volte non supera neppure € 1.
Tuttavia, anche il furto di modico valore può giustificare il licenziamento disciplinare ovvero licenziamento per giusta causa.
Il datore di lavoro deve avviare un procedimento disciplinare, trasmettendo al lavoratore la lettera di contestazione dei fatti, e poi valutare se – in base alle controdeduzioni fornite – quanto addebitato sia effettivamente sufficientemente grave da ledere il vincolo fiduciario: pertanto, il valore del furto non deve trarre in inganno poiché, seppur di modico valore, comunque sempre di furto si sta trattando.
La giurisprudenza è oramai orientata nel ritenere legittimo il licenziamento del dipendente anche nel caso di furto di modico valore o di “esiguo valore” in quanto il vincolo fiduciario ne rimane irreparabilmente compromesso.
Sul punto, ad esempio, la Corte di Cassazione (Cass. 5 aprile 2017 n. 8816) ha così definito la questione: “In tema di licenziamento per giusta causa, la modesta entità del fatto addebitato non va riferita alla tenuità del danno patrimoniale subito dal datore di lavoro, dovendosi valutare la condotta del prestatore di lavoro sotto il profilo del valore sintomatico che può assumere rispetto ai suoi futuri comportamenti, nonché all’idoneità a porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e ad incidere sull’elemento essenziale della fiducia, sotteso al rapporto di lavoro (nella specie, la suprema corte, confermando la sentenza impugnata, ha ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa intimato ad un tecnico addetto alla manovra dei treni, il quale, durante il turno di lavoro, si era impossessato di circa venti litri di gasolio, prelevati dal carrello che conduceva)”.
Ciò che rileva, infatti, è la circostanza contestata ovvero il fatto in sé e per sé a prescindere dal valore del bene sottratto: la condotta del lavoratore, dunque, fa presupporre la mancanza di lealtà dello stesso tale da far venire meno il vincolo fiduciario con il datore e giustificare il recesso da rapporto. In questo senso, la sentenza richiamata si allinea ad un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità per il quale la tenuità del fatto non è sufficiente (da sola) ad escludere la lesione del vincolo fiduciario e “ai fini della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso viene in considerazione non già l’assenza o la speciale tenuità del danno patrimoniale ma la ripercussione sul rapporto di lavoro di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento, in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del dipendente rispetto agli obblighi assunti”.
Il furto di modico valore “turba” l’ambiente lavorativo. Il valore del bene sottratto, dunque, non viene considerato ai fini della rilevanza disciplinare dell’accaduto, essendo il fatto da solo sufficiente a giustificare il recesso dal rapporto di lavoro.
Nella valutazione della condotta del lavoratore, comunque, non incide l’eventuale classificazione del fatto inserita nel Codice Disciplinare aziendale o nel contratto collettivo poiché, come noto, il giudice dovrà tenere conto del complessivo comportamento tenuto e della sua idoneità a ledere il vincolo fiduciario; se, per esempio, come indicato dalla Cassazione richiamata, il furto di modico valore viene classificato dal Codice Disciplinare come passibile di licenziamento, lo stesso provvedimento espulsivo potrà essere ritenuto dal giudice illegittimo poiché non proporzionato.
Nella valutazione circa la proporzionalità del licenziamento, infatti, si dovrà comunque tenere conto:
- della dinamica dei fatti (ovvero fino a che punto il lavoratore volesse effettivamente frodare il datore, quindi danneggiarlo);
- del comportamento soggettivo comunque tenuto dal prestatore anche dopo la contestazione (perché, ad esempio, potrebbe ammettere il fatto proponendo subito il pagamento del corrispettivo sottratto).
In conclusione
Nel momento in cui si deve intervenire sulla lavoratore che sottrae beni aziendali di “modico valore” bisogna porre la massima attenzione poiché, seppur sia legittimo sostenere che tale condotta abbia irrimediabilmente leso il vincolo fiduciario, al contempo si deve considerare la condotta nel suo complesso, a prescindere da quanto viene riportato nel contratto collettivo o nel codice disciplinare: a ben vedere, dunque, si tratta di clausole in alcun modo vincolanti per il Giudice del lavoro che, invece, sarà tenuto a verificare se il comportamento (nel suo concreto atteggiarsi) sia stato talmente grave da scuotere la fiducia del datore e impedire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto di lavoro.
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