Il divieto di licenziamento per ragioni economiche
La Legge di Bilancio 2021 (L.n. 178/2020) conferma la preclusione per l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo e la sospensione di quelle già avviate dopo il 23 febbraio 2020, nonché il divieto di licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo, prolungando la durata della misura fino al 31 marzo 2021. La misura, introdotta come noto dal decreto “Cura Italia” (DL 18/2020 conv. in L. 27/2020), nel tempo ha subìto modifiche anche incisive, innanzi tutto con riferimento alla sua durata, inizialmente fissata in 60 giorni dal “Cura Italia”, poi portata a cinque mesi dal decreto “Rilancio” (DL 34/2020 conv. in L. 77/2020) e prolungata al 31 dicembre 2020 dal decreto “Agosto” (DL 104/2020 conv. in L. 126/2020), è stata integralmente confermata dalla Legge di Bilancio, che ai commi 309–311 replica la formulazione vigente, con la sola novità, come premesso, del prolungamento della durata del divieto, che si protrae dal 17 marzo 2020.
L’ambito operativo del divieto
Come riportato dall’art. 1, c. 309, L. 178/2020, il divieto in discorso conferma la preclusione per i licenziamenti giustificati da motivo oggettivo, siano essi individuali (art. 3 L. 604/66), così come collettivi (artt. 4, 5 e 24, L. 223/91).
L’espresso riferimento alle norme indicate, consente di escludere dalla operatività del divieto tutti i licenziamenti le cui ragioni della risoluzione non risultino disciplinate da queste previsioni, in primis evidentemente i licenziamenti disciplinari, che sono del tutto estranei a motivazioni di natura economica. Il divieto in oggetto pertanto non si applica al rapporto di lavoro domestico né al licenziamento dei dirigenti, considerato che per entrambe le fattispecie, pur significativamente diverse tra loro, fondandosi sulla prevalenza del rapporto fiduciario, non trova applicazione la disciplina ordinaria dei licenziamenti e sono rapporti per i quali sostanzialmente opera la libera recedibilità. Anche il licenziamento per superamento del periodo di comporto deve considerarsi escluso, perché a prescindere dal riferimento che ne dà – correttamente – la dottrina quale licenziamento per giustificato motivo oggettivo sui generis, trova la sua disciplina nell’art. 2110 c.c., norma che non rientra tra quelle indicate dal divieto.
Identiche considerazioni possono poi riferirsi per il caso del licenziamento per il mancato superamento del periodo di prova (art. 2096 c.c.) e per il licenziamento dell’apprendistaal termine del periodo di formazione (art. 42, c. 4, D.Lgs. 81/2015). Estranea al divieto di licenziamento è infine la risoluzione del rapporto di lavoro del collaboratore coordinato e continuativo, quand’anche determinata da ragioni di natura economica, organizzativa o produttiva, considerato che in linea di principio in quei casi neppure può parlarsi a rigore di “licenziamento”, considerato che non si tratta di rapporti di lavoro subordinato.
Le eccezioni all’applicazione
A mitigare la rigidità del divieto, è stata introdotta, via via dai diversi decreti che si sono susseguiti, una serie di eccezioni alla sua applicazione. Queste possono essere classificate secondo due categorie, giustificatrici della loro introduzione, relative ai casi in cui la tutela occupazionale è comunque altrimenti garantita, o alle ipotesi in cui l’applicazione del divieto risulterebbe evidentemente ingiustificata. Appartengono alla prima tipologia le ipotesi di:
- successione nell’appalto, quando la riassunzione è obbligatoria per l’appaltatore subentrante;
- trasferimento d’azienda o di un suo ramo ai sensi dell’art. 2112 c.c.
Con riferimento al secondo tipo di eccezioni invece, il divieto non opera in caso di:
- cessazione definitiva dell’attività dell’impresa, conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività;
- fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa, ovvero ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.
L’accordo collettivo aziendale
Il divieto di licenziamento per ragioni economiche, non opera infine qualora venga stipulato un accordo aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, che preveda un incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro. L’accordo però è vincolante soltanto nei confronti dei lavoratori che vi aderiscono, che hanno comunque riconosciuto il diritto al trattamento per la disoccupazione involontaria, anche se si delinea una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.Rif: art. 1, c. 309, L. 178/2020
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