La precedente normativa
Il Decreto Lavoro (DL.n°48/2023) riformula l’attuale disciplina del contratto a termine ai sensi dell’art. 19 D.Lgs.n°81/2015 – così come già rivisitata dal DL 87/2018 (Decreto “Dignità”) – sostituendo, di fatto, le limitazioni e condizioni a suo tempo disciplinate.
La norma previgente sino al 4 maggio 2023 (data di pubblicazione in GU del DL 48/2023 che entra in vigore dal giorno successivo) stabiliva che i contratti a termine, oltre ad un primo periodo “acausale” di 12 mesi”, potessero godere di una durata non superiore a 24 mesi – salvo diversa indicazione della contrattazione collettiva applicata – solo se giustificata da esigenze:
- temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività o esigenze di sostituzione di altri lavoratori;
- connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria.
Inoltre, sempre secondo il precedente testo dell’art. 19 D.Lgs.n°81/2015, al comma 3 si ammetteva che “un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso la direzione territoriale del lavoro competente per territorio. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, lo stesso si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data della stipulazione” purché fossero comunque e sempre presenti le causali regolamentate.
Qui è opportuno ricordare, solo per completezza, che l’ulteriore causale/condizione che prevedeva la possibilità di apporre un termine superiore ai 12 mesi secondo specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51 D.Lgs.n°81/2015 è venuta a cessare lo scorso 30 settembre 2022. Dal 1° ottobre 2022 è possibile, quindi, utilizzare le causali della contrattazione collettiva solo in caso di proroghe/rinnovi del contratto di lavoro a tempo determinato.
Le novità introdotte dal 5 maggio 2023
Il Decreto Lavoro tramite l’art. 24 – con effetto già dal 5 maggio 2023 – circa i contratti a termine interviene esclusivamente sul dettato normativo di cui all’art. 19 D.Lgs. 81/2015 riscrivendo in prima battuta il comma 1.
Pertanto, a decorrere dalla data di entrata in vigore del Decreto Lavoro, al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi e nel caso in cui si volesse definire una durata superiore – nel limite di 24 mesi o di quanto previsto dal CCNL adottato – ciò sarà ammesso solo in presenza di almeno una delle seguenti nuove condizioni:
a) specifiche esigenze previste dai contratti collettivi di cui all’art. 51;
b) in assenza delle previsioni di cui alla lettera a), nei contratti collettivi applicati in azienda, e comunque entro il 30 aprile 2024, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti;
c) in sostituzione di altri lavoratori.
Il ruolo della contrattazione collettiva
In particolare, la novella ammette una durata superiore a 12 mesi solo quando le “causali” siano disciplinate dalla contrattazione collettiva. Il rimando all’art. 51 D.Lgs. 81/2015 conferma come i contratti collettivi chiamati in causa risultano essere quelli appartenenti a qualsiasi livello di negoziazione (nazionale, territoriale, aziendale) e gli attori non possono che annoverarsi tra quelli “comparativamente” più rappresentativi.
Di certo un ruolo centrale lo assumerà il contratto collettivo nazionale. Sarà ora da capire se le eventuali causali regolamentate da un CCNL possano essere integrate da altre concordate da una contrattazione di secondo livello (ad esempio aziendale). Ma la necessità di un dialogo con le parti sindacali diventa, per certi versi, necessario e soprattutto uno strumento di tutela dei lavoratori.
Questo significa, infatti, che solo i contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o i contratti collettivi stipulati dalle loro RSA/RSU avranno la possibilità di “tipizzare” le causali che giustificano il termine oltre i 12 mesi.
Vi sarà, poi, da capire se eventuali previsioni già sancite dai CCNL possono oggi definirsi operative. Ad una prima analisi nulla sembra ostare questa interpretazione tenuto conto che il DL 48/2023 è pienamente in vigore e quindi scaturisce ogni suo effetto.
Ma di certo saranno necessari opportuni chiarimenti nella speranza che non vengano apportate modifiche durante l’iter parlamentare di conversione del decreto.
E se il contratto collettivo non identifica alcuna causale? Interviene una sorta di regime “residuale” a livello individuale.
La seconda ipotesi, infatti, ammette una durata oltre i 12 mesi, in mancanza di un accordo collettivo anche aziendale, concordata tra le parti stipulanti il contratto di lavoro.
In tal caso, con un regime valido sino al 30 aprile 2024, dovranno essere individuate apposite «esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva» che consentono di procedere al prolungamento del rapporto.
La novità ha il merito di non assegnare un ruolo eccessivamente preclusivo alla contrattazione collettiva, lasciando alle parti del contratto – i datori e i lavoratori – la facoltà di definire, in mancanza di un accordo collettivo, quali siano le esigenze che rendono necessario il rinnovo o la proroga oltre i 12 mesi del rapporto a termine.
Per contro, sembra qui potersi affermare che se la contrattazione collettiva, di qualunque livello, disciplini delle specifiche causali queste non potranno mai essere integrate o modificate dalle parti anche accedendo all’istituto della certificazione del contratto.
Infine, l’ultima tipologia di causale: quella sostitutiva.
In tale ambito sembra vi sia poco da discutere in quanto già consolidata nel tempo. Sarà quindi sempre possibile superare il periodo di 12 mesi per necessità di sostituzione di lavoratori/lavoratrici assenti per malattia, infortunio, maternità o congedi parentali, congedi straordinari, ferie e permessi, aspettativa non retribuita ecc.
Non vi è mai da dimenticare che l‘art. 20 D.Lgs. 81/2015 pone specifiche disposizioni vietando espressamente l’apposizione del termine ad un contratto:
- per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero;
- presso unità produttive nelle quali si è proceduto, entro i sei mesi precedenti, a licenziamenti collettivi a norma degli artt. 4 e 24 L. 223/91, che hanno riguardato lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di lavoro a tempo determinato, salvo che il contratto sia concluso per provvedere alla sostituzione di lavoratori assenti, per assumere lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, o abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi;
- presso unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato.
NB: le regole sin qui commentate dovranno ritenersi valide anche per il lavoro somministrato che come risaputo, salvo specifiche previsioni, adotta la normativa del contratto a tempo determinato.
Esempi di causali previste dei CCNL
CCNL | Causali |
CCNL Commercio, Servizi e Terziario | Il contratto collettivo, sulla disciplina del termine, rinvia espressamente alla formulazione attuale dell’art. 19 D.Lgs. 81/2015. La norma contrattuale, infatti, interviene in quelli che sono i limiti di contingentamento previsti dalla norma. Pertanto, anche in tale situazione e in attesa di recepimento a livello nazionale, sarà possibile andare oltre il termine di 12 mesi con un accordo collettivo aziendale stipulato con le RSA/RSU qualora presenti. In assenza di RSA/RSU, le specifiche esigenze di natura tecnica organizzativa e produttiva potranno essere oggetto della volontà delle parti. |
CCNL Tessili Industria | Art. 29: previste specifiche causali ma limitate alla possibilità di superare il limite massimo attuale di 24 mesi. Il contratto dei tessili stabilisce che il limite di 24 mesi come termine massimo per la successione di contratti a termine tra stesso lavoratore e stesso datore di lavoro per lo svolgimento di mansioni riguardanti:
Anche in questo caso sarà possibile andare oltre il termine di 12 mesi con un accordo collettivo aziendale stipulato con le RSA/RSU qualora presenti. In assenza di RSA/RSU, le specifiche esigenze di natura tecnica organizzativa e produttiva potranno essere definite dalle parti. |
CCNL Metalmeccanica Industria | Art.4 – Titolo I: ferme restando le disposizioni legislative in materia, ai lavoratori con contratto a tempo determinato spettano tutti i trattamenti previsti dal presente contratto collettivo ed ogni altro trattamento in atto in azienda, che siano compatibili con la natura del contratto a termine, in proporzione al periodo lavorativo prestato. L’attuale testo risulta pertanto allineato alla scrittura attuale della disciplina del contratto a termine. Pertanto, in attesa del recepimento da parte del ccnl, sarà possibile andare oltre il termine di 12 mesi con un accordo collettivo aziendale stipulato con le RSA/RSU qualora presenti. |
CCNL Trasporti e Logistica Industria (Fai) | È consentita l’apposizione di un termine alla durata del contratto di lavoro subordinato a fronte di motivate ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, quali:
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