L’emergenza Covid-19 ha inciso profondamente sulla disciplina del licenziamento per ragioni economiche (individuale e collettivo) ed ha agito toccandone aspetti per decenni rimasti immuni dalla mano del Legislatore.

Le riforme più recenti si sono concentrate unicamente sulla sanzione associata al licenziamento invalido, modificandone l’intensità in direzione indennitaria e lasciando intatta, invece, la regola architrave di cd. giustificazione necessaria del licenziamento scolpita nella Legge n. 604/1966 (che disattiva la sanzione in presenza di una giusta causa o di un giustificato motivo soggettivo/oggettivo).

A partire dalla Riforma Fornero (2012), prima, passando per le tutele crescenti del Governo Renzi (2015), poi, inasprite quest’ultime dal Decreto di Maio (2018), infine, abbiamo assistito sul piano legislativo (salvo il repentino contrapporsi di una giurisprudenza refrattaria) all’erodersi dell’area della reintegrazione (introdotta nel 1970 come rimedio unico a fronte di tutte le possibili tipologie di vizio dell’atto di recesso datoriale) a favore dell’avanzare del rimedio indennitario (a partire dal 2012 e, successivamente, con spazi maggiori) come forma generale di ristoro del licenziamento ingiustificato (esiliata la reintegrazione, a sua volta, ad ipotesi marginali).

Culminata la parabola legislativa sulla sanzione con il frantumarsi del D.Lgs. n. 23/2015, allorquando il rimedio a “tutele crescenti” è venuto meno nel 2018 per volontà della Consulta.

Accanto al dibattito sull’adeguamento del regime sanzionatorio in chiave costituzionalmente orientata per gli assunti post 6 marzo 2015, i riflettori dell’interprete sono ora puntati sul perimetro entro il quale è consentito, in connessione all’emergenza sanitaria, il licenziamento per ragioni economiche ed oggettive.

Rilevanti sono, in questo senso, le novità apportate dal cd. Decreto Agosto (D.L. n. 104/2020), entrato in vigore il 15 agosto 2020, giorno successivo alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Se, sino al 2020, la disciplina del licenziamento per ragioni oggettive si caratterizzava per ramificazioni e distinguo (a valle) sul solo versante della sanzione, assistiamo oggi (a monte) ad inedite articolazioni legislative anche sul versante dei presupposti stessi di validità del licenziamento.

Il rinnovato perimetro del divieto del licenziamento per ragioni oggettive

Nella nuova “geografia” del licenziamento per ragioni economiche ed oggettive tracciata dal Decreto Agosto (con riferimento tanto al licenziamento individuale quanto al licenziamento collettivo) sembra possibile individuare due aree:

  • area lecita, nella quale, ricorrendo casi tassativi, il licenziamento è consentito immediatamente;
  • area vietata, nella quale il licenziamento sarà consentito allorquando verrà a scaderne il “blocco” − originariamente introdotto dall’art. 46 del cd. Decreto Cura Italia (D.L. n. 18/2020, conv. nella L. n. 27/2020), come modificato dal cd. Decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020, conv. nella L. n. 77/2020) e, da ultimo – prorogato dal Decreto Agosto in connessione all’eventuale utilizzo di specifici ammortizzatori sociali.

Effettuando una difficile sintesi nel contesto di un accesissimo dibattito politico e sociale, dunque, il Decreto Agosto non disattiva tout court i divieti del Decreto Cura Italia, ma, confermata la struttura dei medesimi, ne avvia un percorso di graduale disinnesco che, ad oggi, potrà dirsi integralmente compiuto non prima del 31 dicembre 2020.

Fattispecie tassative in cui è consentito immediatamente il licenziamento per ragioni oggettive (individuale o collettivo)

Come nell’impianto del Decreto Cura Italia, anche nel Decreto Agosto è sottratto dal divieto l‘ipotesi di cambio appalto, laddove il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro, o di clausola di contratto di appalto.

Allargando l’area esclusa dal divieto, il Decreto Agosto autorizza in via immediata il licenziamento individuale ed il licenziamento collettivo in due ulteriori gruppi di ipotesi:

a) ipotesi di dissoluzione dell’impresa e

b) ipotesi di accordo collettivo aziendale.

In tali specifici casi, dunque, il divieto al licenziamento per ragioni oggettive originariamente introdotto dal Decreto Cura Italia non è più operativo sin dall’entrata in vigore del Decreto Agosto (15 agosto 2020).

   a) Ipotesi di dissoluzione dell’impresa

Il licenziamento è immediatamente autorizzato dal Decreto Agosto in presenza delle seguenti causali oggettive (art. 14, comma 3):

(i) cessazione definitiva dell’attività dell’impresa

conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività (sempre che nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o di attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’art. 2112, c.c.);

(ii) fallimento

quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa ovvero ne sia disposta la cessazione (nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso).

Denominatore comune di ambedue i casi, la condicio sine qua non di immediato “sblocco” del potere di recesso risiede nella presenza di una definitiva soluzione di continuità nel business aziendale.

Le formule lessicali utilizzate e reiterate dal legislatore del Decreto Agosto – tanto nelle ipotesi in bonis («cessazione definitiva dell’attività dell’impresa»), quanto nelle ipotesi di procedura concorsuale liquidatoria («fallimento») – identificano nella continuità del business una condizione ostativa allo sblocco del divieto di licenziamento: se, nelle fattispecie ivi contemplate, l’attività aziendale può proseguire (in via provvisoria o, nell’ambito di un trasferimento d’azienda, in via definitiva) il divieto di licenziamento resta.

b) Ipotesi di accordo aziendale

Sempre ai sensi dell’art. 14, co. 3, Decreto Agosto, il divieto di licenziamento deve intendersi immediatamente disattivato nelle ipotesi di un accordo collettivo aziendale, concluso con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, avente ad oggetto un incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro.

I lavoratori che aderiscono alle previsioni di tale accordo aziendale sono beneficiari, per espressa previsione del Decreto Agosto, del trattamento di disoccupazione NASPI (art. 1, D.Lgs. n. 22/2015).

L’ampia formulazione sembra presupporre l’accordo sindacale (pena la non applicabilità delle agevolazioni) in un ventaglio di ipotesi assai vasto, in generale includendo tutte le ipotesi di un ridimensionamento dell’impresa (tramite licenziamento individuale o collettivo).

Diversa, merita osservare in questa sede, è la terminologia utilizzata dal Legislatore nel Decreto Liquidità e nel Decreto Agosto: nel primo caso viene impiegata l’espressione «accordi sindacali», laddove, nel secondo caso, il Decreto Agosto espressamente si riferisce ad accordi collettivi aziendali firmati da «organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale».

In questo senso, la validità dell’accordo aziendale idonea a sbloccare il divieto di licenziamento appare ancorata alla sottoscrizione dei sindacati “nazionali” (mentre non viene fatto riferimento alle associazioni sindacali aziendali ovvero territoriali), determinandosi, dunque, una difficoltà nel perfezionamento di accordi collettivi contemplati dal Decreto Agosto nel caso di imprese a dimensione locale.

Fattispecie connesse all’eventuale fruizione di specifici ammortizzatori sociali istituiti dal Decreto Agosto

Il Decreto Agosto stabilisce una “relazione normativa” – questa la terminologia utilizzata dal Dossier 24 agosto 2020 della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica – tra il divieto di licenziamento e l’eventuale ricorso agli ammortizzatori sociali istituti dal Decreto Agosto: rispettivamente,

  • i nuovi trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga (art. 1);
  • l’esonero dal versamento dei contributi previdenziali (art. 3).

Quanto ai trattamenti di integrazione salariale disciplinati dall’art. 1 del Decreto Agosto merita osservare che nelle ipotesi di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa intervenuta nel 2020 per eventi riconducibili al Covid-19, è possibile accedere ai trattamenti di cassa integrazione ordinaria, assegno ordinario e cassa integrazione in deroga di cui agli artt. da 19 e 22 quinquies del Decreto Cura Italia (nel seguito, la “Cassa Covid”) per un periodo di 9 settimane, eventualmente incrementabili di un periodo di ulteriori 9 settimane.

In questo contesto, dunque, il termine di “scadenza” del divieto di licenziamento, non è fisso, bensì mobile, in quanto strettamente correlato all’effettivo utilizzo degli ammortizzatori sociali istituiti dallo stesso Decreto Agosto, a seconda del caso concreto sino al 31 dicembre 2020 ovvero in data anteriore.

La seguente tabella riepiloga termini e contenuti della nuova area del licenziamento per ragioni oggettive a seguito del Decreto Agosto.

Il rinnovato perimetro del licenziamento per ragioni economiche dopo il Decreto Agosto
Area lecita(il licenziamento è consentito immediatamente)Cambio appalto
Ipotesi di dissoluzione dell’impresaCessazione definitiva dell’attività dell’impresa
Fallimento
Ipotesi di accordo aziendale
Area vietata(il divieto di licenziamento perdura in connessione alla fruizione degli ammortizzatori sociali introdotti dal Decreto Agosto) (1)Laddove un’impresa richieda i trattamenti di integrazione salariale di cui all’art. 1 del Decreto Agosto, potrà procedere licenziamento solo dopo avere integralmente fruito dei medesimi trattamenti (a seconda del caso concreto il divieto perdura sino al 31 dicembre 2020 ovvero in data anteriore).
Laddove un’impresa richieda l’esonero contributivo di cui all’art. 3 (in luogo dei trattamenti di integrazione di cui all’art. 1 del Decreto Agosto), potrà procedere licenziamento solo dopo avere integralmente fruito dell’esonero medesimo (a seconda del caso concreto il divieto perdura sino al 31 dicembre 2020 ovvero in data anteriore).