La Legge di Bilancio 2023 ha previsto la possibilità di “chiudere” le cause tributarie in corso contro l’Agenzia delle Entrate, pagando un importo del debito ridotto in una percentuale definita, che andremo ad esaminare.
Le cause tributarie possono essere definite pagando:
– il 90% del valore della controversia se il ricorso è iscritto in primo grado (il ricorso deve essere stato notificato entro il 1 gennaio 2023);
– il 40% del valore della controversia se l’Agenzia delle Entrate è risultata soccombente in primo grado;
– il 15% del valore della controversia se l’Agenzia delle Entrate è risultata soccombente in secondo grado;
– il 5% del valore della controversia se l’Agenzia delle Entrate è risultata soccombente sia in primo grado che in secondo grado e, al 1 gennaio 2023, pende il giudizio in Cassazione.
Cosa si intende per “valore della controversia”?
Per valore della controversia si intende l’importo del tributo al netto degli interessi e delle eventuali sanzioni irrogate con l’atto impugnato. In caso di controversie aventi ad oggetto le sole sanzioni, il valore è costituito dalla somma di queste.
Quali cause tributarie si possono definire?
Possono essere definite le controversie attribuite alla giurisdizione tributaria, in cui è parte l’Agenzia delle entrate, pendenti in ogni stato e grado del giudizio, compreso quello in Cassazione e anche a seguito di rinvio, alla data di entrata in vigore della legge di bilancio per il 2023 (1 gennaio 2023).
Non possono, tuttavia, essere definite le cause aventi ad oggetto, anche solo in parte:
– le risorse proprie tradizionali previste dall’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), delle decisioni 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, 2020/2053/UE, Euratom del Consiglio, del 14 dicembre 2020, e l’imposta sul valore aggiunto riscossa all’importazione;
– le somme dovute a titolo di recupero di aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 16 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015.
Come si chiede la definizione della lite pendente?
Occorre presentare la domanda, per ciascuna controversia autonoma (cioè instaurata per ciascun atto impugnato), entro il 30 giugno 2023 mediante trasmissione telematica.
L’Agenzia delle Entrate, con un recente provvedimento, ha precisato che, in attesa dell’attivazione del servizio di trasmissione telematica, è possibile presentare la domanda di definizione tramite invio all’indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) dell’Ufficio che è parte nel giudizio.
Come si paga l’importo per chiudere la lite?
Il pagamento dell’importo da versare per la definizione può avvenire in un’unica soluzione oppure, se la cifra da pagare supera i mille euro, in un numero massimo di venti rate trimestrali di pari importo.
Dagli importi dovuti si scomputano quelli già versati, a qualsiasi titolo, in corso di causa (per esempio, per effetto di una rateizzazione). Non si ha diritto al rimborso delle somme già versate.
Scrivi un commento