Se un lavoratore dipendente risulta in forza ad un’azienda alla data del 23 febbraio 2019 e l’attività del datore di lavoro ha subito una riduzione o una sospensione, può aver diritto, a seconda della categoria e delle dimensioni dell’azienda, alla cassa integrazione ordinaria, all’assegno ordinario o alla cassa integrazione in deroga, a causa dell’emergenza Covid 19.

Ovviamente, deve essere il datore di lavoro a richiederla.

Che cos’è l’integrazione del salario?

L’integrazione salariale è un’indennità a carico dell’Inps, di un ente bilaterale o delle Regioni- Province autonome, normalmente pari all’80% della retribuzione spettante per le ore non lavorate.

Per l’emergenza coronavirus le aziende possono richiedere:

  • la cassa integrazione ordinaria;
  • l’assegno ordinario erogato dai fondi bilaterali o dal fondo Fis;
  • la cassa integrazione in deroga, o CIGd,a carico delle Regioni.

Cassa integrazione ordinaria per coronavirus

Vediamo in primo luogo a chi spetta la cassa integrazione ordinaria, o più precisamente quali datori di lavoro possono richiederla, e per quali lavoratori.

La cassa integrazione ordinaria, o CIG, con causale “emergenza Covid 19 nazionale” (quindi per coronavirus), può essere richiesta dalle aziende che rientrano nel campo di applicazione della cassa integrazione.

Si tratta di:

  • imprese industriali manifatturiere, di trasporti, estrattive, acqua e gas;
  • cooperative di produzione e lavoro assimilabili alle industrie;
  • imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini;
  • cooperative agricole/consorzi, per:
  • attività di produzione/trasformazione/commercializzazione prodotti agricoli;
  • dipendenti tempo indeterminato;
  • imprese produttrici di calcestruzzo;
  • imprese addette ad impianti elettrici/telefonici;
  • imprese di armamento ferroviario;
  • imprese artigiane con attività di escavazione, ad eccezione di quelle che svolgono attività in laboratori con organizzazione e strutture distinte dall’attività di escavazione

La cassa integrazione è riconosciuta dall’Inps, con pagamento diretto oppure anticipo da parte del datore di lavoro, per un massimo di 9 settimane, sino al 31 agosto 2020.

La procedura di richiesta della cassa integrazione, per i datori di lavoro, è notevolmente semplificata.

I lavoratori ai quali può essere erogata l’integrazione del salario devono risultare in forza al 23 febbraio 2020. Non è richiesta, come avviene normalmente, un’anzianità di 90 giornate di lavoro nell’unità produttiva.

Assegno ordinario per coronavirus

Se l’azienda non rientra tra quelle destinatarie della CIG, ma è obbligata a versare la contribuzione a un fondo bilaterale o bilaterale alternativo (ad esempio al Fsba, per le aziende artigiane), oppure al fondo residuale Fis dell’Inps, per i settori per i quali non sono stati istituiti fondi bilaterali, può chiedere il riconoscimento dell’assegno ordinario.

Si tratta di un’integrazione del salario analoga alla CIG, dovuta per la sospensione o per la riduzione dell’attività. Se l’azienda è iscritta al Fis, per richiedere l’assegno ordinario con causale “emergenza Covid 19 nazionale” deve occupare mediamente oltre 5 dipendenti.

L’assegno ordinario è riconosciuto dal fondo, con pagamento diretto oppure anticipo da parte del datore di lavoro, per un massimo di 9 settimane, sino al 31 agosto 2020.

La procedura di richiesta dell’assegno ordinario coronavirus, per i datori di lavoro, è notevolmente semplificata. I lavoratori ai quali può essere erogata l’integrazione del salario devono risultare in forza al 23 febbraio 2020.

Cassa integrazione in deroga

Se l’azienda non rientra tra quelle coperte dalla CIG o dall’assegno ordinario, può richiedere, per la sospensione o la riduzione dell’attività dovuta all’emergenza coronavirus, la cassa integrazione in deroga.

Si tratta di un’integrazione del salario riconosciuta dalle Regioni con decreto e pagata direttamente dall’Inps.

Anche in questo caso, l’integrazione salariale è riconosciuta per un massimo di 9 settimane, sino al 31 agosto 2020, la procedura di richiesta per i datori di lavoro è notevolmente semplificata ed i lavoratori ai quali può essere erogata l’integrazione del salario devono risultare in forza al 23 febbraio 2020.

Pagamento dell’integrazione salariale

Una volta che il datore di lavoro effettua la richiesta e che l’integrazione salariale è autorizzata, chi paga il lavoratore?

Per quanto riguarda la cassa integrazione ordinaria e l’assegno ordinario, il datore può scegliere se anticipare l’indennità al lavoratore e conguagliarla in sede di versamento della contribuzione, oppure se chiedere all’Inps il pagamento diretto.

In questo caso, deve inviare telematicamente i modelli SR 41 all’Inps.

Anticipo della cassa integrazione dalla banca

Di recente, è stato reso noto che il lavoratore ha anche la possibilità di richiedere ad una banca un anticipo della CIG, della CIGD o dell’assegno ordinario. Che cosa si deve fare per ottenere subito la cassa integrazione?

Innanzitutto, il datore di lavoro deve avere inoltrato richiesta della cassa integrazione per emergenza Covid-19, sospendendoti a zero ore e richiedendo di procedere con il pagamento diretto della CIG da parte dell’Inps.

Solo se ci sono questi presupposti, si può chiedere alla banca l’anticipo dell’integrazione salariale, mediante apertura di credito.

Bisogna essere certi che:

  • che la banca rientri tra quelle che hanno firmato la convenzione per l’anticipo delle integrazioni salariali, altrimenti bisogna andare in un’altra banca;
  • che il modulo fornito dalla banca specifichi l’estinzione del prestito al momento dell’erogazione dell’integrazione salariale.

Quanto anticipa la banca?

È stato detto che la banca anticipa sino a 1400 euro, ma attenzione: questo importo è forfettario ed è calcolato sulla base di 9 settimane di sospensione del lavoro a zero ore. Se la riduzione dell’attività è minore, anche l’importo dell’anticipo verrà ridimensionato in proporzione alla riduzione dell’attività.

L’apertura di credito dura 7 mesi e non sono previste garanzie.

Quando arrivano i soldi?

L’accredito della somma dovrebbe avvenire in brevissimo tempo: non sono però state fornite tempistiche. Il prestito di 1.400 euro, o più precisamente l’apertura di credito, si estingue nel momento in cui l’Inps effettua il versamento della CIG.

Che cosa succede se non autorizzano la cassa integrazione?

Se per qualche motivo l’Inps non accoglie la domanda di CIG, CIG in deroga o assegno ordinario, la banca in questo caso può rivalersi sul lavoratore  e richiedere l’estinzione dell’apertura di credito. Se non si paga, la banca comunicherà al datore di lavoro il saldo a debito del conto corrente e questi verserà gli emolumenti che ti spettano (compresi Tfr e anticipazioni) per estinguere il prestito.