I lavoratori che svolgono la prestazione lavorativa in smart working non hanno diritto ai buoni pasto, sostitutivi al servizio mensa.

Lo stabilisce il Tribunale di Venezia rigettando il ricorso proposto dalla federazione di un sindacato che lamentava l’esclusione dal godimento dei buoni pasto senza previa contrattazione con le organizzazioni sindacali (Trib. Venezia 8 luglio 2020 n. 3463).

Per la maturazione del buono pasto è necessario che l’orario di lavoro sia organizzato con specifiche scadenze orarie che portino il lavoratore a consumare il pasto al di fuori dell’orario di servizio.

In modalità di lavoro agile (smart working), il lavoratore è libero di organizzare come meglio crede lo svolgimento della prestazione dal punto di vista temporale, pertanto i predetti presupposti non sussistono.

Il Tribunale richiama l’orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui “il buono pasto è un beneficio che non viene attribuito senza scopo, in quanto la sua corresponsione è finalizzata a far sì che, nell’ambito dell’organizzazione di lavoro, si possano conciliare le esigenze di servizio con le esigenze quotidiane del lavoro, al quale viene così consentita, laddove non sia previsto un servizio mensa, la fruizione del pasto al fine di garantire allo stesso il benessere fisico necessario per la prosecuzione dell’attività lavorativa” (Cass. 28 novembre 2019 n. 31137).