• C’è il caso dell’assenza dal lavoro per quarantena stabilita dai presidi sanitari.

Riguarda i lavoratori posti in osservazione, in quanto aventi sintomi riconducibili al virus. Questa ipotesi può comportare l’assenza da parte del lavoratore interessato.

In tal caso, i decreti o i protocolli di riferimento stabiliscono le modalità di gestione dell’evento che, comunque, è assimilabile a tutti i casi di ricovero per altre patologie o interventi. Non c’è dubbio che il lavoratore che non può essere presente sul luogo di lavoro in conseguenza dell’applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva, perché ritenuto dall’autorità sanitaria (o comunque pubblica) ricompreso fra gli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusa, è da considerarsi sottoposto a trattamento latu sensu sanitario e, pertanto, la sua assenza dovrà essere disciplinata secondo le previsioni, di legge e contrattuali, che riguardano l’assenza per malattia, con le conseguenti tutele per la salute e la garanzia del posto di lavoro.

  • Altro caso è l’assenza dal lavoro per quarantena volontaria di soggetti che scelgono autonomamente di isolarsi pur non avendo sintomi palesi di contagio.

Tra le misure di contenimento previste dal governo rientra l’obbligo da parte degli individui che hanno fatto ingresso in Italia da zona a rischio epidemiologico, come identificate dall’Oms, di comunicare tale circostanza al Dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria competente per territorio, che provvede a comunicarlo all’autorità sanitaria competente per l’adozione della misura di permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva.

La decisione di adottare, nelle more della decisione dell’autorità pubblica un comportamento di quarantena “volontaria”, fondata sui predetti presupposti (o anche in ragione del contatto con soggetti ricadenti nelle condizioni previste), nei limiti dell’attesa della decisione circa la misura concreta da adottare da parte dell’autorità pubblica, può rappresentare comunque un comportamento di oggettiva prudenza, rispondente alle prescrizioni della normativa d’urgenza, e disciplinato conseguentemente come per le astensioni dalla prestazione lavorativa obbligate dal provvedimento amministrativo.

  • Esiste anche il caso di assenza dal lavoro autodeterminata da parte di lavoratori che ritengono il fenomeno dell’epidemia sufficiente di per sé a giustificare l’assenza dal lavoro.

Ciò pur non sussistendo provvedimenti di Pubbliche Autorità che impediscano la libera circolazione.

Un’assenza determinata dal semplice “timore” di essere contagiati, senza che ricorra alcuno dei requisiti riconducibili alle fattispecie previste, non consente di riconoscere la giustificazione della decisione e la legittimità del rifiuto della prestazione. In tal caso si realizza l’assenza ingiustificata dal luogo di lavoro, situazione da cui possono scaturire provvedimenti disciplinari che possono portare anche al licenziamento.

  • Infine c’è il caso di assenza dal lavoro nei giorni di attesa dell’esito di un tampone per accertare l’eventuale positività da Covid-19

Tale eventualità, non è presa in considerazione né dai decreti né dalle ordinanze regionali cosicché risulta frequente il ricorso all’utilizzo delle ferie del lavoratore proprio per coprire il periodo di auto-isolamento a cui il medesimo è costretto in attesa del tampone e dell’esito dello stesso.

La situazione risulta paradossale in quanto i lavoratori che fanno parte di quelle categorie invitate a fare gli accertamenti volontariamente anche poi in caso di risultati positivi non possono essere considerati malati finché non hanno l’esito definitivo del tampone.